Per il 25º anniversario del Consiglio Superiore della Magistratura (6 giugno 1985)

SANDRO PERTINI

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

DISCORSI (1978 -1985)

PER IL 25° ANNIVERSARIO DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
(6 giugno 1985)

 

Signori Consiglieri,

con questa riunione si conclude il programma da voi scelto per celebrare i primi 25 anni di attività del Consiglio Superiore della Magistratura.

Nei giorni precedenti si sono svolti gli incontri di studio aventi come oggetto temi di grande interesse: rapporti tra il Consiglio Superiore della Magistratura e i Consigli Giudiziari presso le Corti di Appello per quanto concerne la professionalità del giudice; iniziative e ruolo del Consiglio Superiore nelle materie del terrorismo e della criminalità organizzata; rilevanza esterna e controllo giurisdizionale sugli atti del Consiglio Superiore della Magistratura; controllo del Consiglio sull’attività e comportamento dei magistrati; rapporti tra Consiglio, Ministro di Grazia e. Giustizia e Parlamento.

Particolare rilievo ha conferito agli incontri di studio la partecipazione delle delegazioni dei Consigli Superiori della Magistratura della Francia, del Portogallo e della Spagna, nazioni alle quali il nostro Paese è legato da stretti vincoli di amicizia, partecipi della Comunità europea, appartenenti alla nostra medesima civiltà giuridica. Ai componenti delle delegazioni, qui presenti, rivolgo, quale Presidente della Repubblica e quale Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, il mio saluto ed il mio ringraziamento per il loro intervento.

In questo stesso Palazzo del Quirinale il Consiglio Superiore della Magistratura si riunì per la prima volta il 18 luglio 1959, avendo il legislatore ordinario dettato, con la legge n. 195 de11958, le norme indispensabili per dare concreta attuazione al principio costituzionale dell’autonomia e della indipendenza della Magistratura, espressamente proclamato dall’articolo 104, I comma, della Costituzione. Il processo di attuazione di questo principio, posto a garanzia e salvaguardia dell’intero ordinamento democratico, ebbe il suo punto di inizio con la ricordata legge de11958, che dette vita al Consiglio Superiore della Magistratura, ma ha conosciuto ulteriori tappe non solo sul piano normativo e organizzativo, ma soprattutto nella coscienza giuridica del paese ed in primo luogo nella consapevolezza e nella crescente tensione civile e morale della Magistratura italiana, la quale ha dato tante testimonianze di impegno intenso e fervido al servizio e a difesa della convivenza civile del nostro popolo.

In questo processo il Consiglio Superiore della Magistratura ha rivendicato ed ha svolto un ruolo non meramente amministrativo di “gestione” del personale di Magistratura, ne di corporativa rappresentazione degli interessi di un ordine. Il Consiglio Superiore della Magistratura è venuto sempre più acquisendo la consapevolezza di una investitura più ampia, di una rappresentanza meno contingente e precaria quale quella degli interessi di carriera e di custode dei diritti del personale di Magistratura: ha raccolto domande ed ha espresso esigenze che con sempre maggior ampiezza ed intensità si sono levate dalla cultura e dalla coscienza della Magistratura italiana ed è divenuto protagonista tra i primi dei temi della giustizia,

In questo ruolo il Consiglio Superiore della Magistratura è stato sorretto dalla felice intuizione del nostro costituente che ha ritenuto di integrarne la composizione; con l’innesto di tre componenti: quella -maggioritaria – rappresentativa di tutte le funzioni dell’ordine giudiziario, che in primo luogo esprime la dimensione dell’autogoverno; la componente di diritto che assicura, con la presenza in Consiglio del Primo Presidente della Suprema corte di Cassazione e del Procuratore Generale della Repubblica, la presenza della Magistratura ordinata e costituita; quella più, propriamente politica e di raccordo con la sovranità del Parlamento legislatore, che implica consonanza tra governo della Magistratura e indirizzo politico-legislativo democraticamente espresso in Parlamento.

La confluenza e l’integrazione di questi apporti con ben identificate e diversificate matrici hanno appunto consentito al Consiglio di esulare da una mera rappresentanza è gestione di interessi e di investirsi di un ruolo ben più ampio e maggiore quale quello di voce alta dell’esigenza della giustizia e delle questioni di giustizia pur in un momento difficile e drammatico quale quello attraversato dal nostro Paese nel corso dell’ultimo decennio. La presidenza del Consiglio attribuita dalla Costituzione allo stesso Presidente della Repubblica ha soddisfatto l’esigenza di creare un legame saldo con l’organo rappresentativo dell’unità della Nazione e dello Stato e ha conferito al Consiglio Superiore la dignità e il rilievo costituzionale adeguato all’importanza della funzione giurisdizionale, e all’impegno civile, al coraggio morale, all’alta consapevolezza eticopolitica che dev’essere riconosciuta alla Magistratura italiana.

I venticinque anni attraverso i quali si è svolto questo non facile ma tenace processo di attuazione del principio costituzionale dell’indipendenza e dell’autonomia della Magistratura hanno rappresentato un collaudo severo e convincente della scelta costituzionale di fondare tale principio non su un semplicistico e automatico criterio di autogoverno, ma di affidarlo ad un più ricco e penetrante raccordo con i vertici rappresentativi della Repubblica, per collocarlo in un quadro di referenti in grado di tenere insieme al meglio governo e responsabilità, le due facce che in democrazia disegnano il volto della sovranità.

I molti e gravissimi problemi che premono nel settore della giustizia richiedono, infatti, il totale impegno degli organi ad esso preposti, operanti ciascuno nel settore delle competenze ripartite in questo campo dalla Costituzione della Repubblica. Il Consiglio Superiore della Magistratura costituisce, al di là delle sue pur delicate ed essenziali attribuzioni amministrative e disciplinari, il centro ottimale di informazione ed approfondimento dei vari temi in discussione per una visione globale di quello che un grande giurista denominò il “fabbisogno della giustizia”.

Funzioni altissime entrambe, che esigono profondo senso dello Stato, spirito di responsabilità e di servizio, intransigente imparzialità che, come in un processo di osmosi, debbono poi trasferirsi dal corpo giudiziario infondendo stile e coraggio, forza e conforto sino al più giovane magistrato e ai collaboratori del più isolato e sperduto paese d’Italia.

Sotto questo profilo il Consiglio Superiore della Magistratura può e deve rappresentare la vigile coscienza della giustizia nel nostro Paese, l’organo stimolante del Governo e del Parlamento, il custode della deontologia professionale e dell’imparzialità dei giudici italiani.

Così vide la funzione del Consiglio Superiore Vittorio Bachelet, uomo dal cuore puro e dal forte ingegno, indimenticabile mio amico, vittima di una crudele violenza. Egli la testimoniò con il suo sacrificio, così si attende che sia il popolo italiano i. per millenaria esperienza sensibilissimo e attento alla realizzazione di vera giustizia.

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