Lettera di Pertini a Pietro Nenni e a Giuseppe Saragat (4 giugno 1944)

DALL’ANTIFASCISMO ALLA RESISTENZA (1926 -1944)

LETTERA DI SANDRO PERTINI A NENNI E SARAGAT

 

Indirizzata a Nenni e Saragat e datata 4 giugno 1944, questa lettera fu scritta da Pertini quando si trovava a Milano, incaricato della segreteria del Psiup per l’ltalia occupata. Depositata in copia presso l’Istituto Socialista di Studi Storici di Firenze, è stata pubblicata in Il Psiup nella Resistenza. I documenti e la stampa clandestina (1943-1945), a cura di Simone Neri Serneri, Nistri-Lischi, Pisa 1988, pp. 160-165.

 

Pietro e Giuseppe (1) carissimi, vorrei far ritorno costì per esservi vicino nell’ora in cui Roma sarà liberata, che vivo è in me il desiderio di partecipare alla vostra prossima lotta con le organizzazioni, cui ho dato tutto me stesso. Ma sento che il mio dovere è di rimanere qui, dove la mia opera è oggi più che mai necessaria. Non nascondo a voi, che mi siete più che compagni fratelli, che in questo momento nel mio animo vi è un po’ di amarezza, che mi è penoso rinunciare alla lotta tanto attesa a cui mi ero preparato in lunghi mesi di febbrile attività. Vorrei nell’ora, che sta per scoccare, essere con i miei compagni che hanno con me condiviso le ansie, gli entusiasmi, i pericoli della lunga e snervante vigilia, ed invece bisogna che io mi rassegni anche a questa rinuncia, e che lasci ad altri la gioia della lotta bella, che voi fra qualche giorno, forse fra qualche ora, vivrete. Spero almeno che se non per me, per Peppino e Giuliano (2) sarà riconosciuta e rispettata la nostra tenace e paziente fatica, di cui altri, venuto fuori dalla sua tana appena il sereno è incominciato ad apparire nel cielo di Roma, si appresta a raccogliere i frutti. E’ questione di buon gusto e anche di pudore.

Parliamo, adesso, dell’attività che io sto dando qui. Ho partecipato alla seduta del CLN tenuta giorni fa. Seduta un po’ burrascosa perché in modo energico ho dovuto impedire che il CLN di qui fosse considerato come il rappresentante nell’Italia centro – settentrionale del governo Badoglio, disposto a collaborare anche nel campo politico con il governo e ad agire sotto la sua direzione (3). Questo aveva proposto il rappresentante dei cugini. Essi tentano di andare oltre il segno, il che io impedirò nel modo più deciso ed energico, pur facendo l’impossibile perché queste divergenze politiche non degenerino in veri conflitti, che in questo momento sarebbero più che dannosi. Però rimanga ben fermo questo: non intendo nel modo più assoluto abbandonare la posizione da noi assunta con gli ultimi o. d. g. e con la nostra dichiarazione (4), Sono certo di avere la vostra approvazione. Tuttavia, sento il bisogno di esortarvi ancora una volta a non cedere. Mai come da quando mi trovo qui, a contatto con le masse lavoratrici, la nostra posizione mi è apparsa così giusta ed equilibrata. Pietro, vorrei che tu veramente facessi il possibile per ottenere che i nostri compagni del Sud diano le dimissioni. Questo si attende qui, non siate arrendevoli con i collaborazionisti e non lasciatevi rimorchiare dai cugini se non volete che una grave crisi si verifichi nel partito. Certo io non sarò di quelli che lasceranno il partito, perché troppo l’amo e perché penso che convenga, che sia necessario – qualsiasi cosa dovesse avvenire costì – restare nel partito per darvi battaglia, onde esso non subisca deviazioni pericolose. Per me il partito ormai è tutto, per questo non lo abbandonerò mai, ma anche per questo non permetterò che altri lo conduca alla rovina.

Non vi nascondo le mie apprensioni. Temo che costì il partito accetti una soluzione poco diversa da quella di Napoli. Che accadrebbe in questo caso? E non posso non pensare a me stesso, al posto di responsabilità che attualmente occupo, e mi chiedo, giustamente preoccupato, se potrei continuare a rimanere alla direzione di questo nostro movimento. Penso di no, se mi si obbligasse a seguire questa linea politica opposta a quella seguita fino ad oggi, ma d’altra parte non mi nascondo tutte le gravi conseguenze che al nostro movimento ne deriverebbero, qualora io lasciassi il mio posto. Tutto questo varrà a farvi intuire quanto penoso sia il mio stato d’animo. D’una cosa però potrete sempre star certi: che mai commetterò atti di debolezza, di slealtà, di se cessione nel partito. Troppo mi stanno a cuore le sorti del nostro partito, perché possa sacrificarle ai miei improvvidi sdegni, alle impulsività del mio temperamento. Se mi vedessi costretto a lasciare la direzione del nostro movimento, nel caso che io non mi sentissi di accettare la nuova linea politica che il partito si traccerà a Roma, non lo lascerei se non prima di aver sistemato le cose in modo tale che nessun grave danno ne derivi al partito. Ma queste cose, per ora, non sono che malinconiche riflessioni dovute a preoccupazioni che spesso si presentano alla mia mente, specie adesso che Roma sta per essere liberata. Quindi potete stare più che sicuri che io continuerò a lavorare con l’entusiasmo e la tenacia del primo momento.

Così giovedì ho costituito la Federaz.[ione] giovanile e fra giorni uscirà “La rivoluzione socialista”. Ho messo nell’Esecutivo della Federazione due ottimi operai ed uno studente universitario; nel Comitato di redazione del giornale ho messo invece due studenti ed un operaio sotto il controllo mio e di Benazzi (5) (vedrò, però, di utilizzare anche in questo campo la preparazione e l’impegno di Lelio (6), dato che il suo caso abbia una soluzione a lui favorevole).

Sto organizzando le bande e le formazioni militari cittadine. In questo settore tutto è da rifare. Avrò, però, in Giancarlo e Paolo (7) degli ottimi collaboratori. Ci siamo subito intesi. Si sono persuasi, che è venuto il momento di lasciare il lavoro di ordinaria amministrazione per scendere decisamente sul terreno dell’azione. L’organizzazione militare avrà un suo giornale: “Il partigiano”. Avvertire di questo Alberto e Achille perché non ci denuncino per esserci appropriati del titolo che porta il loro giornale (8). Ma è troppo bello perché io potessi rinunciarvi.

In attesa che venga Amedeo (9) o altro dirigente sindacale ho incaricato – dietro designazione degli anziani del posto – un ottimo operaio per quanto concerne l’organizzazione sindacale, la quale avrà il suo giornale: “L’operaio”. Farò di tutto perché questi giornali escano al più presto. E’ l’unico modo per far sentire in mezzo alle masse la presenza del nostro partito. Di questo mi sono ormai persuaso. I mezzi ci sono, gli uomini non mancano, dunque cerchiamo di prendere queste iniziative, che ci porranno in prima linea nel movimento operaio di queste regioni. Certo bisogna lavorare pazientemente, senza tregua e senza lasciarsi abbattere dalle delusioni inevitabili, dal sentirsi spesso troppo soli, privi dell’assistenza vostra e del vostro consiglio. Ma io tiro avanti deciso a tutto, a sopportare sacrifici più gravi di quelli sopportati fino ad oggi, ad affrontare ostacoli d’ogni genere. Qui, adesso, mi si asseconda. Il mio entusiasmo sta diventando epidemico. Certo di trasfondere negli altri il mio attivismo e la dedizione completa al partito. Mi duole non poter essere ancora in grado di lasciare questa città per fare un giro nelle altre regioni. Ma bisogna fare un passo alla volta se non ci si vuole rompere la testa in cadute inevitabili. Quando avrò condotto a termine il lavoro qui iniziato, allora andrò a Bologna.

Voglio prima di tutto risolvere il caso Lelio (10). Bisognerà che io sia energico, e quindi, se accetterò che Lelio nulla nel suo passato ha commesso che possa intaccare la sua onorabilità di uomo e di politico, sarà da me riabilitato, anche se questo mio atto di giustizia dovesse attirarmi momentaneamente l’odio della parte avversa a Lelio. Ed è stato appunto il timore di questa conseguenza, che ha impedito ai bravi compagni di qui di risolvere il caso B.[asso]. Certo è questo: che Domenico, spinto solo da risentimenti personali, ha scientemente creato intorno a Lelio un ambiente di ostilità e di diffidenza […] (11).

Fra giorni prenderò visione del fascicolo di Lelio. Ho interrogato in proposito i capi dei partiti di sinistra, i nostri che contro Lelio sono sempre stati accaniti, qualcuno dell’ambiente forense e nessuno di costoro messo da me alle strette ha formulato contro Lelio una sola accusa precisa. Un Tizio, comunista, pare che tempo fa abbia detto: “Se B.[asso] osa presentarsi alla ribalta, io lo annienterò (sic!) con due parole”. Tizio, interrogato, risponde che non ha da formulare accuse contro Lelio! Di questi casi potrei citarne parecchi. Tutto questo non è serio e non è neppure onesto. ad ogni modo vi comunicherò quanto prima l’esito della mia inchiesta.

Ho sistemato la questione finanziaria molto confusa. Cerchiamo di recuperare il danaro andato in un primo tempo disperso. Ho nominato un unico cassiere con un comitato finanziario da me presieduto. Quindi anche in questo settore le cose andranno un po’ meglio di prima e non vi saranno irregolarità. Il danaro del partito è cosa preziosissima e non può essere sciupato.

Non vi stupisca se vi dico che intendo essere presente fra i contadini con un nostro giornale “II contadino”. So che i cugini stanno preparando qualcosa di simile. dobbiamo quindi precederli. Non vi pare?

Come vedete vi ho attaccato un bottone abbastanza lungo, ma ne avevo bisogno, amici miei, che qui mi sento ancora un po’ troppo solo, e voi sapete che io sono un sentimentale inguaribile. Sento in modo profondo la nostalgia di voi due. Solo adesso comprendo tutto il bene che mi derivava dalla vostra compagnia, dalla fraterna assistenza. Quando potremo rivederci?

Non dimenticatemi. Ricordatemi agli amici tutti. Molto probabilmente non potrò più comunicare con voi e questo mi rattrista. Sappiate, comunque, che io continuerò a lavorare, come vi ho promesso e che qualsiasi decisione dovessi prendere. in rapporto a quanto prossimamente sarà deciso costi dal nostro partito, farò l’impossibile perché essa non torni a danno del partito, che sta in cima ai miei pensieri. Sento la responsabilità del posto che occupo e questo varrà a frenare le mie impulsività.

A voi due – che siete i migliori fra noi – sono oggi affidate le sorti del nostro partito. Badate che a Roma si deciderà se il nostro partito ha la possibilità di vivere e di prosperare o se invece è destinato a dissolversi. Quello che verrà fatto a Roma costituirà o meglio potrebbe costituire l’atto di nascita o l’atto di morte del nostro partito. Grave è la responsabilità che pesa su di voi due ed io vorrei esservi vicino per condividerla pienamente. Vedrò se mi sarà possibile realizzare questo mio vivo desiderio. Comunque, sappiate che spiritualmente vi sarò sempre vicino in questi giorni decisivi. Vi accompagni il mio augurio più che fraterno, amici miei carissimi. Possa il partito uscire vittorioso dalla prossima prova. lo vivo ore di ansia e di trepidazione, perché sento che a Roma si deciderà il destino del nostro partito. Datemi notizie. Ringraziatemi ancora Doro [?] e la Signora Giovanna. Salutatemi Orlandina, Renzo, Oreste, Ventur ., Massimo, Silvio, Filippo, tutti gli amici, insomma. Cosa ne è avvenuto di Peppino e Giuliano ? Henry aveva promesso di tenermi informato, perché non l’ha fatto? Salutatelo tanto da parte mia e da parte di Lelio.

Tu Pietro, mi saluterai in particolare la Carmen, la Giuliana e Luciana. Arrivederci e buona fortuna. Un abbraccio fraterno, vostro Sandro.

 

P. S. – Ringraziatemi e salutatemi Remigio. Ditegli che Ettore si comporta con me benissimo, dimostrandosi generoso e pronto ad assistermi. Ottimo giovane.

P. S. – In questo momento mi si avverte che la questura di qui mi sta cercando. Cercherò d’essere più prudente, e vedrò di anticipare il viaggio in provincia. Voi vedete se non sia il caso – quando Roma sarà liberata – di far radiodiffondere, che io mi trovo costì gravemente ammalato presso una Clinica X. Saluti S.[andro] .

 

NOTE:

  1. Nenni e Saragat.
  2. Giuseppe Gracceva e Giuliano VassalIi, i quali, responsabili dell’organizzazione militare socialista a Roma e nell’Italia centrale, si trovavano all’epoca in carcere.
  3. Il riferimento, verosimilmente, è alla discussione preparatoria del decreto del 2 giugno 1944 con cui il CLNAI assumeva la giurisdizione governativa per l’Italia occupata in quanto “rappresentante della volontà nazionale”.
  4. Il documento, datato 1 maggio 1944, con cui il Psiup valutava la situazione politica dopo la “svolta di Salerno”.
  5. Mario Benazzi.
  6. Lelio Basso.
  7. Giancarlo De Carlo e Paolo Della Giusta.
  8. Non sono identificabili con certezza le persone nominate nel testo. “Il partigiano” era il giornale pubblicato a Roma da Carlo Andreoni, all’epoca tuttavia in carcere a Milano.
  9. Filippo Amedeo, dirigente socialista torinese.
  10. L’uscita di Basso dal partito nel novembre 1943 era stata accompagnata e seguita da una dwissima polemica politica e personale tra lo stesso Basso e alcuni dirigenti del Psiup, tra i quali in particolare Domenico Viotto.
  11. Seguiva un breve giudizio di carattere strettamente personale non rilevante ai fini della completezza di senso del testo.

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