Presentazione della Carta dei Valori e dei Princìpi del Centro Sandro Pertini

Il Presidente Luigi Rosafio apre il Convegno ed introduce gli oratori, poi cede la parola al Sindaco Veltroni.


Walter Veltroni


Si grazie, grazie a tutti voi, siamo veramente onorati di ospitare qui il lavoro del Centro Sandro Pertini.

Naturalmente a loro ci unisce il dispiacere e il dolore per non avere qui Carla Voltolina che doveva aprire i lavori di questo incontro e alla quale credo va il pensiero di ciascuno di noi.

Credo che, poi, sarà giusto dedicarle un momento di silenzio e di raccoglimento perché è stata una donna importante nella vita di Sandro Pertini ed anche una donna importante nella vita della Repubblica, perché ha un senso e un significato grande ricordare Sandro Pertini

Oggi, con Piero (Marrazzo) ci capita spesso di richiamare la sua memoria in tante occasioni perché Sandro Pertini aveva dentro di se le virtù migliori degli italiani migliori e si possono riassumere in poche parole che però sono quelle parole che, proprio perché sono importanti per il nostro paese, dovrebbero tornare ad essere pronunciate con frequenza.

Sandro Pertini aveva amore per la libertà e per la democrazia.

Alla libertà e alla democrazia ha consacrato la sua vita, ha scelto di impegnarsi per liberare l’Italia dal fascismo.

Ha scelto di essere uno dei protagonisti della resistenza italiana.

Ha scelto di stare dalla parte dov’era più scomodo stare.

Ha scelto di essere uno di quegli italiani che hanno avuto il coraggio di dire di no in un tempo in cui quasi tutti erano costretti a dire di si.

Sandro Pertini è stato l’uomo delle istituzioni è stato il mirabile presidente della camera, è stato uomo che proprio dall’annientamento dell’istituzione della vita democratica aveva tratto la convinzione assolutamente inossidabile della centralità del valore delle assemblee elettive nella democrazia, viste come pluralismo di idee di opinione e di organizzazione di stampa come valore costitutivo d’una società e per questo che ha sempre difeso le istituzioni.

Sandro Pertini era uomo di popolo.

La sua Presidenza della Repubblica è stata una presidenza connotata da un rapporto assolutamente straordinario con il popolo d’Italia.

Il paese si riconosceva con quel Presidente come si riconosce oggi in Carlo Azeglio Ciampi e sentiva in quel Presidente una capacità di difesa delle istituzioni in un momento in cui da questo, purtroppo, è stato segnato il “settennato” di Sandro Pertini, in un momento in cui ci sono state tante occasioni di dolore, di morte. In un momento in cui la democrazia italiana ha subito l’attacco più duro, più difficile: sono gli anni del terrorismo.

Sono gli anni dei tanti magistrati, uomini politici, poliziotti uccisi come fu per Aldo Moro il 9 maggio del 1978.

In questo passaggio in cui il paese poteva spezzarsi, Sandro Pertini è stato capace con la forza della sua storia personale e con la forza delle sue convinzioni politiche e della sua cultura democratica, di tenerlo unito di dare voce quando era necessario.

Pensiamo al terremoto, pensiamo alla vicenda del terremoto per dar voce a questo moto di protesta che saliva nel paese e al tempo stesso di rappresentare la solidità delle istituzioni.

Sandro Pertini comincia il suo lavoro nel luglio del 1978, pochi mesi dopo l’uccisione di Aldo Moro, con un paese colpito e in quel momento costituisce veramente un punto di riferimento di sintesi di unità di tutti gli italiani e credo che oggi nel ricordarlo dobbiamo pensare a questo.

Al fatto che si può essere uomini segnati da una grande passione civile e pure essere crocevia dell’unità degli italiani,

– che la passione civile non è sinonimo di faziosità,

– che la scelta di stare da una parte non significa alimentare uno spirito di parte e tutto quello che in questo momento nel nostro paese facciamo fatica a capire e che è, invece, quello che fa bella e viva una democrazia: l’essere espressione di cultura e di valori ma l’essere costantemente rispettosi delle Istituzioni nel senso dello Stato e delle persone che non la pensano come te.

Sono valori che vivono oggi nella memoria assolutamente attuale dell’esperienza politica, civile, istituzionale di Sandro Pertini e, dunque, mi fa molto piacere tanto più per la presenza di un grande romano come Giuliano Vassalli e per tutti voi e per il dottor Ghirelli al quale mi lega un’antica amicizia.

Mi fa piacere che questo lavoro abbia luogo nella Protomoteca del Campidoglio, nella casa di tutti romani in un momento così significativo perché sono convinto che non stiamo parlando di qualche cosa che è stato ma stiamo parlando di qualche cosa che in termini di valori dovrebbe essere.

Grazie.

Il Presidente Luigi Rosafio riprende il discorso per introdurre il secondo oratore:

“Ringraziamo il Sindaco per le splendide parole che ha rivolto sia alla figura di Pertini, sia a quest’impegno che mi pare sia riuscito al di là delle previsioni.

Quando dalla segretaria del Sindaco ci è stato imposto di fare questa operazione, qui nella Sala della Protomoteca, ci si sono davvero gelati i polsi.

Nell’applauso al Sindaco, un applauso a tutti voi e la parola a Piero Marrazzo.

Marrazzo ha fatto la campagna elettorale in nome di Pertini, io l’ho sentito e quindi noi del Centro Sandro Pertini ci rifaremo vivi.”.


Piero Marrazzo


Io sento particolarmente l’appuntamento di questa sera. Lo sento perché con Carla Voltolina avevo costruito un rapporto e negli ultimi anni mi aveva voluto nella Fondazione (Fondazione Sandro Pertini).

Mi aveva coinvolto in maniera forte e determinata come era la sua persona, in questo impegno.

Mi ricordo a Piazza Fontana di Trevi, mi ricordo a Firenze ma per me che ho scelto tanti anni fa di impegnarmi, impegnarmi in politica, trovarmi oggi qui a ricordare Sandro Pertini, vorrei dire a Carla, Sandro e Carla è per me sono qualche cosa di particolare, perché, vedete, quando uno torna a ricoprire un ruolo pubblico, a svolgere un’attività politica, deve trovare sempre dei punti di riferimento, deve sempre capire dove si va per saper poi tracciare gli obiettivi strategici, importanti ed, ecco, questo è venuto naturale, spontaneo nei mesi della campagna elettorale, e ringrazio Luigi (Rosafio) per questo appuntamento.

Ricordare che nel grande pantheon – ma direi qualche cosa di più – in quel grande mondo che ha espresso la sinistra italiana democratica c’era Sandro Pertini, il Presidente Pertini, il compagno Pertini, il partigiano Pertini, il detenuto Pertini, l’uomo che ha avuto il senso della dignità, l’uomo che sapeva dire no a una madre che aveva avuto la debolezza di chiederne la grazia.

L’uomo che sapeva essere rigido nel suo comportamento con gli amici e compagni di partito; l’uomo che ha saputo testimoniare, come diceva Walter Veltroni, la forza, il rigore, l’onestà e nello stesso tempo capiva che fare politica significa stare tra la gente.

L’uomo che agli studenti della contestazione del 1973, ricordava: “…guardate che se oggi voi potete fare questo è perché ho combattuto e sono stato lì a difendere…”.

L’uomo che non è riuscito a tornare nei suoi ricordi… non è mai tornato a Ventotene.

Io ho visitato la sua cella dove non è mai tornato, segnato dal ricordo, l’uomo che con altri uomini quali Altiero Spinelli, Colorni, vorrei ricordare ai giovani.

Vi devo dire anche un piccolo ricordo personale, insomma, Walter ha voluto fortemente il mio ritorno ad un impegno politico e devo dire che ci siamo ritrovati, noi che ci eravamo lasciati in un mondo diverso, degli anni settanta, ci siamo ritrovati che quel pezzo di patrimonio della mia storia è anche il patrimonio di Walter, di Pertini, dei fratelli Rosselli e vorrei parlare di tutto questo ma oggi sono qui, però, non col desiderio di ricordare.

E’ bello trovare voi tutti qui!

Significa che, allora, come diceva il nostro Sindaco, c’è qualche cosa nel pensiero di Pertini e nell’opera di Pertini che potrebbe essere quasi una figura risorgimentale proiettata nel XX secolo ed oggi è qui con noi per dirci che il XXI secolo ha bisogno di mantenere vivi alcuni valori da lui rappresentati: un riformismo molto pragmatico ma nello stesso tempo un riformismo solidale e allora, forse, questa sala mi fa pensare che tutti noi ci siamo avviati in un percorso per la costruzione e la partecipazione per ritrovare un filo dove i vecchi soggetti degli del XX secolo o anche prima della fine del ‘800 forse ora non più così attuali ma, comunque, ci indicano che noi dovremo dare una prospettiva, una visione al pensiero democratico della sinistra di questo Paese e, allora, io credo che sia un dovere conservare, testimoniare ma poi praticare quelli che sono stati alcuni valori della prassi politica di Sandro Pertini.

Forse ce lo siamo un po’ dimenticati.

Sandro Pertini non è sempre richiamato quanto dovrebbe esserlo.

Ecco perché io chiedo al Sindaco, se è d’accordo e penso che lo sarà, chiedo che quell’appartamento di Fontana di Trevi, tra l’altro è un alloggio pubblico, possa rimanere cosi com’è.

Possa diventare un luogo dove nel Centro (Centro Sandro Pertini), nella Fondazione (Fondazione Sandro Pertini), ci saranno gli uomini e le donne che ne manterranno vivo il ricordo e questo voleva Carla.

Per quanto riguarda la Regione, vi posso dire che sono a disposizione perché questa Fondazione, il Centro Sandro Pertini realizzi questo desiderio perché, insomma, secondo me quando si entra in quella casa si ritrovano un po’ di pezzi di storia importante.

Si ritrova anche la voglia, il gusto di rimanere legati a qualche cosa che noi tutti, io sono convinto, portiamo nel DNA.

E allora nel salutarvi, nel dire che la Regione c’è!

Una Regione che desidera mantenere vivo il pensiero, l’opera di Sandro Pertini.

Io vorrei con voi fare l’ultima riflessione: io trovo che in Pertini c’era quella idea di socialismo umanitario, centralità della persona.

Pertini era l’amico che poteva dialogare con papa Woytila perché era quel socialista nato nelle esperienze di fine ottocento e vedeva nella mutualità, nella capacità di stare accanto ai deboli, un principio, un valore universale e la difesa della persona, la difesa dei diritti, la difesa della dignità dell’uomo.

Ecco perché, allora, Veltroni ha ragione: cos’è che dà vita alle Istituzioni se non la capacità di condividere valori che sono universali, specie oggi che ci troviamo di fronte a un passaggio particolare che è quello di una riforma costituzionale che avrà il giudizio del nostro paese.

Io guarderei ancora più avanti e direi con tutti voi che c’è il senso delle Istituzioni quando c’è il grande senso del valore.

Il valore nella politica significa il valore per determinati passaggi fondamentali della vita di un uomo, il diritto alla salute, il diritto d’essere un cittadino che vede riconosciuti determinati momenti salienti dell’esistenza di una persona.

Io direi in Pertini c’era questo profondo significato ed ecco perché è stato il Presidente di una Repubblica fondata sul lavoro, il diritto al lavoro.

Una Repubblica che lui ha rappresentato magnificamente in quel settennato dal ’78 all’85.

Io credo che qui egli non è più solo, è con noi che ha condiviso la sua vita politica ma io credo che tutti gli italiani democratici sono orgogliosi di aver avuto un presidente come Sandro Pertini.

Grazie.

Il Presidente Luigi Rosafio riprende la parola ed inizia il suo discorso


Luigi Rosafio


Un vivissimo ringraziamento anche al Presidente Marrazzo che ci ha fatto entrare nel tema del nostro convegno.

Io voglio ricordare che tra l’11 e il 12 di dicembre – oggi è il 13 – da Savona è partito il motoscafo con Pertini, Rosselli, Turati, Oxilia e hanno portato Turati in Corsica e poi in Francia.

Assieme a Turati c’era Sandro Pertini.

Rosselli e Barri sono tornati indietro e furono arrestati l’indomani, il 14 a Massa Carrara.

Con il sequestro alla Spezia, infine, c’è tutta la storia ma mi pare che questo fosse giusto dirlo perché siamo tutti davvero affezionati a Sandro di cui ricordiamo rimbrotti, sfuriate perché c’è anche questo lato estremamente umano, paterno, fraterno come lui amava dire.

Grazie ancora al Sindaco e al Presidente della Regione, arrivederci.

Noi diamo inizio alla seconda parte del nostro incontro e ricordiamo anche noi, con un piccolo omaggio floreale sulla sedia di Carla Voltolina, Carla Voltolina Pertini.

Noi del Centro Sandro Pertini al rinnovato cordoglio uniamo il ricordo anche di due fondatori del centro Sandro Pertini, Antonio Manca e Salvatore Malerba e anche di Aldo Aniasi che con noi è stato prodigo di consigli per realizzare a Roma un grande evento su Pertini e lui ne ha fatto uno splendido a Milano.

Carla Voltolina è morta pochi giorni prima di venire da noi e possiamo dire con noi. Noi desideriamo ricordarla con un minuto di silenzio.

Anch’ella come Sandro, ci ha lasciato molti messaggi che intendiamo raccogliere

E’ stato detto di una bellissima e coerente figura d’italiana, di partigiana, di socialista.

Qui ci sono delegazioni, delle organizzazioni partigiane che le rendono, con la loro presenza, un omaggio.

La sua vita da tempo nota al grande pubblico si è intrecciato con quella di Sandro ma a tratti se ne è anche distinta.

Sul lavoro al giornale di Genova, cui Sandro fu direttore fino al giorno della sua elezione a presidente della Camera dei Deputati firmava i suoi articoli con lo pseudonimo Carla Barberis.

“Mia madre era Barberis” mi ha detto recentemente con voce stentata per telefono alcune settimane fa ma l’immagine della madre dei ricordi lontani veniva subito sopraffatta da una grande ansia per il futuro della memoria di Sandro, per la prosecuzione delle battaglie di Sandro, per i documenti e le carte di Sandro.

Anche a nome vostro in questi dialoghi fugaci ci siamo corrisposto sempre, ci siamo costituiti anche per questo.

E non siamo soli, lo abbiamo imparato per strada. Il Centro (Centro Sandro Pertini), la Fondazione (Fondazione Sandro Pertini) di cui il Presidente, il dottor Almerighi, era una delle sue creature, una delle sue pupille. Io ne ho conosciuto recentemente sia la genesi, sia l’attività e noi sosteniamo i progetti che la Fondazione ha messo in opera.

E ci sono, poi, centinaia e centinaia di altre associazioni ed enti intitolati o non intitolati a Sandro Pertini che sono pronti a non lasciare archiviare ma proseguire nelle battaglie di alto significato sociale, morale e culturale.

Avremo chiesto al Sindaco – ma già il Presidente della Regione lo ha fatto – e al Presidente della Regione un impegno esplicito affinché la casa di Sandro e Carla non diventi una lussuosa dimora sul “fontanone” ma resti intatta nella sua semplicità.

Noi vorremo che possa diventare un luogo pubblico di frequentazione, di studio: un esempio di come fare la politica non implichi l’accumulo di ricchezze e di poteri personali e di quanto siano assurde le argomentazioni di chi giustifica illegalità, consorteria denari, come costo necessario della democrazia.

L’attualità di questa Coppia protagonista della storia delle lotte per la libertà, per la giustizia sociale e la legalità consiste nei valori che hanno incarnato.

L’antifascismo, il socialismo delle libertà, l’etica pubblica come coronaria di una vita privata onesta e semplice, la laicità ed un elevato senso delle istituzioni come fondamento della democrazia e della repubblica.

Sono i medesimi cardini della “Carta dei valori e dei principi” e dello Statuto del Centro Sandro Pertini, il quale, precisiamo, è una associazione culturale e di promozione sociale e, come tale, realizza eventi come questo e propone momenti di riflessione, come si rileva dal programma attuato e da quello che abbiamo preparato per il 2006.

Noi ci affidiamo soltanto alla forza delle idee, non del partito politico.

La “Carta dei valori e dei principi” del Centro Sandro Pertini affronta, come si legge nella parte centrale dell’opuscolo che è stato distribuito e sotto il titolo, i seguenti temi: progetto, ideale, economico e sociale, tematiche di cultura politica riformista, repubblicana, socialista-liberale.

Non si tratta di una proposta chiusa ma aperta a contributi, adesioni ed emendamenti, a consigli.

L’esigenza di formulare un documento è nata per reagire alle delusioni della seconda repubblica e dalla illegalità che essa ha diffuso; per reclamare la realizzazione delle aspirazioni popolari del primo e del secondo novecento ancora incompiute e non per archiviarle; per rivendicare ancora una volta l’attuazione della prima parte della costituzione, i cui articoli da 1 a 54 sono tutti largamente inapplicati.

L’idea, forza della nostra carta, è una proposta aggiornata di socialismo-liberale, secondo il quale la libertà per essere vera deve essere giusta.

Giustizia e libertà sono un binomio indissolubile.

L’emancipazione dell’individuo, infatti, si può attuare soltanto in una cornice di giustizia sociale ove alla libertà di espressione si unisca la libertà dalla paura e la libertà dal bisogno.

Tutta la letteratura sul socialismo-liberale o liberal-socialismo, concorda che essa non è una versione pallida, anemica o permissiva di socialismo ma, al contrario, richiede radicalità di comportamenti e di programmi. Esso si contrappone all’intolleranza e ai dogmi delle ideologie degli integralismi del pensiero unico, contrasta l’idea di un ordine mondiale contrario alla pace, ai bisogni umani dei diritti delle generazioni future.

Presuppone un profondo rinnovamento dei parametri culturali dei secoli trascorsi e di un cambiamento del ruolo e della struttura dello Stato, dell’Amministrazione pubblica, dei partiti, dei sindacati, delle organizzazioni d’interesse, nega lo sviluppo dialettico inesorabile , lo storicismo, il determinismo economico e scientifico, la fede in leggi ineluttabili ed assolute della storia umana, nega la credenza profetica dell’avvento necessario ed imminente di una astratta società perfetta, chiude gli arsenali dei movimenti totalitari, non lascia spazio al “laissez faire” capitalistico, nutre sfiducia verso la retorica moralizzante.

Applica con metodi critici e razionali i principi della legalità e del gradualismo per eliminare mali concreti grandi o piccoli che siano.

Non considero ineluttabile la privatizzazione dello spazio pubblico e la scomparsa delle aere di solidarietà.

Assicura potere d’acquisto, d’uguaglianza e di pari opportunità.

I maestri di questo socialismo liberale sono tantissimi, da Rosselli, un Trampolini, Turati, Vassalli ed altri autori italiani e stranieri. Questo messaggio ormai non lo vediamo raccolto ne dai grandi partiti e neppure da quello spezzatino – spezzatino è una parola che usava Rosselli in Francia nel periodo dell’esilio dove era difficilissimo vivere, essi litigavano più che mettersi d’accordo – spezzatino di partiti che si collocano e si qualificano seconda delle convenienze elettorali.

Il centro Sandro Pertini si riconosce in nessun partito, anche se dialoga con tutti in autonomia e indipendenza.

Un altro gruppo di questioni per le quali nella “Carta dei valori e dei principi”, nel librettino, proponiamo stimoli di riflessioni e soluzioni che attengano alla laicità degli Stati, al futuro della democrazia, alla riforma dello Stato, della politica, della pubblica amministrazione, alle qualità delle riforme economiche e sociali, alla prospettiva di una federazione degli Stati Uniti d’Europa.

Il ricordo di Colorni e Spinelli conduce esattamente a questa posizione, alla necessità di programmi alternativi.

Infine, si noti la strumentalizzazione del termine riformismo. Nella Carta si precisa che l’obiettivo del riformismo è il miglioramento delle condizioni generali dei cittadini e delle istituzioni politiche e sociali. E l’inclusione della grande maggioranza nel godimento effettivo dei beni e delle libertà. Non è il riformismo la giustificazione delle commistioni fra politica, poteri, omertà.

Restando in tema di coerenze, di ideale e di etica pubblica, affronteremo presto argomenti specifici, come quelli relativi alle avventure finanziarie in cui assistiamo da tempo, all’evoluzione del sistema politico italiano verso approdi differenti da quelli europei o di come possa essere libera e democratica una Repubblica ed un organizzazione della politica che produce trecentomila eletti, ormai in parte sono designati, trentacinquemila centri di spesa, l’economia tariffata più cara del mondo, un apparato pubblico elefantiaco ed un gigantesco ingorgo della giustizia.

Diceva Pertini liberato da Ventotene nell’agosto del 1943 “plus ça change plus c’est la meme chose”!

Io volgo al termine di questo brevissimo intervento e ringrazio a tutti intervenuti, davvero splendido vedere questa sala piena, i relatori che mi seguiranno, i rappresentanti delle associazioni che sono numerosi, delle fondazioni, delle organizzazioni partigiane e sindacali.



Il Presidente Rosafio conclude la sua orazione e cede la parola a Giancarlo D’Alessandro.



Diciamo, così dev’essere rivolti innanzitutto a Vassalli che fu l’autore, l’artefice di queste azioni partigiane e assieme a lui, li ricordiamo tutti.

C’era un altro giurista, Randui, due giovani professori, Vassalli e Giannini e poi Lupis, Graceva, Majorca, Alfredo e Marcella Monaco, li ricordiamo ampiamente, per cui la vita di Pertini s’intreccia in maniera inesorabile con questa azione, con questa azione di Giuliano Vassalli. E noi anche per questo siamo orgogliosi di averlo come Presidente del nostro Centro, della nostra Associazione.

Proseguiamo velocemente perché l’ora …(si odono vari commenti: “…no, no, non hai fatto proprio niente perché noi abbiamo…”) e la parola a Giancarlo D’Alessandro Presidente di una Associazione (“Fare Rete” – Onlus) con la quale abbiamo instaurato degli splendidi rapporti non solo con questa Associazione ma con altre Associazioni che ruotano attorno a un programma “Fare Rete”.


Giancarlo D’Alessandro


Grazie, grazie a Rosafio, grazie a Giuliano Vassalli.

Io ho chiuso la mia relazione, per trasformarla naturalmente in un saluto perché sì, davanti alla relazione di Giuliano Vassalli e quindi ritengo più giusto fermarci ad un saluto e un augurio di collaborazione.

Ricordando solo una cosa di Sandro Pertini che è l’uomo che per primo e più di altri è stato capace di avvicinare le istituzioni alle persone, alla gente comune.

Voi ricorderete le numerose scolaresche che andavano in visita al Quirinale, i ragazzi giovani e ricorderete come lo spirito di Pertini era capace di guardare oltre, quindi di comunicare coi giovani.

A me, all’epoca abbastanza giovane, quel fatto colpiva perché le istituzioni erano contestate o viste lontane.

La prima, vera, grande novità italiana dopo il sessantotto fu questa interpretazione che Sandro Pertini diede a un ruolo istituzionale che era considerato così rarefatto e lontano delle persone e questo è un insegnamento ed è un insegnamento anche per me, oggi che faccio l’Amministratore comunale, l’Assessore di una città importante grande come Roma ed è un insegnamento al dialogo con le persone.

C’è il modo con il quale si deve ascoltare le gente e i suoi bisogni e intorno a queste tre parole che oggi abbiamo ascoltato più volte, dalla relazione di Rosafio, da Marrazzo e da Veltroni ma lungamente da Vassalli che ci ricordava il discorso di Pertini quando fu eletto Presidente della Repubblica: Democrazia, Libertà e Giustizia sono tre parole cosi dense di lavoro per tutti noi.

Ecco, quindi, l’augurio con quale voglio completare questo saluto, che intorno a queste parole, a questi obbiettivi, al significato che dobbiamo dare oggi al termine giustizia, al significato che dobbiamo dare oggi al termine eguaglianza noi possiamo lavorare insieme, lavorare con l’associazionismo perché c’è bisogno di lavorare in modo meno vincolato da una dimensione partitica che è resa schiava dall’obiettivo elettorale.

L’Associazione “Fare Rete” si pone un tema più di fondo e più semplice e non deve avere paura di carpire un consenso per un fine immediato ma deve porsi il problema di riflettere su un mondo che sta cambiando ed è cambiato molto ed è per questo che insieme a tanti compagni e amici ho dato vita a questa Associazione, parerebbe, perché il mondo delle reti è quello del domani, è quello che dobbiamo temere e auspicare insieme ma dobbiamo soprattutto comprendere che è con questo spirito, spero, possiamo lavorare nel segno e nell’insegnamento che Sandro Pertini ci ha dato e ci ha lasciato.

Grazie



Il Presidente Rosafio riprende la parola per introdurre Giuliano Vassalli



Grazie ad Alessandro, non mancheremo di tenere corso alla nostra collaborazione. A Ghirelli, Ghirelli ha scritto questo libro “Caro Presidente” ed anche questo è una grande manifestazione di affetto e di interpretazione del senso popolare nei confronti di Sandro Pertini.


Giuliano Vassalli


Io parlerò molto brevemente e vorrei fare una riflessione e raccontarvi un ricordo. La riflessione è questa, come avrebbe detto Pertini “…io sono commosso dalla folla…”, da tutti voi che siete venuti a sentirci, sono commosso che questo sia accaduto nel nome di Pertini e mi chiedo se non sia il caso se non sia il momento di trasformare questa memoria, questi ricordi, questi valori inestimabili in una presenza politica per quello che fu per centoventi anni il socialismo italiano.

La vostra presenza qui, presenza di uomini, di donne, di giovani, di anziani spontaneamente affluiti qui per ascoltare queste parole, vuol dire questo: il socialismo italiano nel cuore degli italiani non è morto e deve risorgere.

Deve risorgere in modo particolare, perché nella società globalizzata , nella società postindustriale in cui a meravigliosi progressi della scienza, della medicina, dell’informazione, della comunicazione, non corrisponde un progresso morale né in Italia, né in Europa, né nel mondo e, quindi, non corrisponde il ruolo del socialismo che un tempo fu quello di lottare perché i lavoratori avessero cittadinanza contro il capitalismo industriale.

Oggi il ruolo del socialismo è altamente fondamentale per restaurare le ragioni dell’umanità, della moralità, della solidarietà contro il prevalere dell’interesse, del profitto e dell’apparenza vuota che ci stanno dominando.

Concludo con un ricordo, io ho avuto la fortuna inestimabile di lavorare due anni, giorno per giorno col Presidente e ho anche avuto l’avventura di servire il Presidente allontanandomi da lui nel momento in cui era doverosa farlo, rinnovando all’arrivo a Roma da Barcellona col cuore colmo di dolore, rinnovando la mia devozione, il mio affetto inalterabile per il Presidente.

Bene, io ricordo tutto di questi due anni favolosi, allegri, eroici, esaltanti!

Vi voglio raccontare solo un episodio che forse non è cosi noto come si dovrebbe: Andiamo a Turi, andiamo a Turi vicino Bari dove il Presidente era stato detenuto in uno dei suoi lunghissimi anni di carcere con Gramsci che era già isolato dal partito comunista ma che non piegava come non piegò mai Pertini, non piegava la sua difficile fatica di conciliare la rivoluzione coll’umanità, con la cultura, con la tolleranza con quello che egli chiamava l’egemonia, c’è la predominanza non della violenza, non del processo ma dei valori, della cultura e della moralità.

Il Presidente si avvicina alla stanza dove Gramsci era stato detenuto, una stanza che rassomigliava ad una infermeria perché Gramsci era già moribondo, si può dire, e mi dice “Aspetti qui” – perché mi dava il lei – il meraviglioso personaggio, straordinario ridice “Aspetti qui, che è un momento” e io non mi nascondo, non mi vergogno di dire che ho spiato dal buco della serratura come un domestico infedele, ero invece un domestico fedelissimo e ho avuto questa gioia, questa emozione che si ripete ogni volta che lo racconto, dal buco della serratura ho visto questo vecchio, eroe, questo straordinario Presidente, chinarsi sul letto di Gramsci accarezzarlo, non dico altro… accarezzarlo.



Il Presidente Rosafio riprende la parola per alcuni saluti ed introdurre Mario Almerighi



E evidente che non possiamo considerare conclusivo questo convegno ma che su questo filone continueremo tutti gli anni per approfondire questa figura e tutti gli aspetti.

(Dalla platea si chiede il saluto di Gianca, presente in sala)

Si, salutiamo giustamente perché poi io e Gianca, parliamo, parliamo spesso, Gianca è uno dei vecchi partigiani dei “les tapes” portanti e lo salutiamo con grande affetto. Anche lui un giovanotto che ha passato i novant’anni.

Salutiamo anche l’onorevole Senatore, se non ricordo bene è Felicetti, Presidente della Fondazione CESAR che è un’emanazione dell’Unipol, noi abbiamo lavorato per l’Unipol e vorremo che uscisse linda da questa situazione difficile (concordo con te).

La parola al Presidente della Fondazione Pertini, il dottor Almerighi.

Voi sapete che la Fondazione Pertini nasce per espressa volontà della Carla Voltolina in un difficile dialogo, diciamo così, con altre strutture e io ho conosciuto recentemente per bocca di Almerighi tutta la genesis anche complicata, ciò ha spiegato anche il travaglio che ho intuito insomma nell’animo della signora.

Ci siamo proposti, prima che la signora morisse, nella preparazione di questo incontro di andare il più possibile assieme, di collaborare il più possibile perché questa figura abbia il posto che merita nella opinione generale della politica e del paese.



Mario Almnerighi



Grazie, questo proposito tenuto conto che Carla Voltolina Pertini era la Presidente Onoraria della Fondazione Sandro Pertini, io penso che sia tra i doveri e i compiti che mi aspettano, ci sia innanzi tutto quello di venire incontro a questa esigenza che adesso ha prospettato Luigi Rosafio.

Io credo che noi ci siamo conosciuti casualmente, la Fondazione Pertini non sapeva neanche dell’esistenza del Centro Sandro Pertini e il Centro Sandro Pertini non sapeva dell’esistenza della Fondazione. Questo non deve succedere, io credo che usiamo una frase evangelica, “gli uomini di buona volontà debbano incontrarsi più di quanto non accada normalmente”. Quelli di cattiva volontà si sanno incontrare molto più degli altri e quindi è un impegno senza altro da parte nostra, della Fondazione.

Io, mentre parlava Giuliano Vassalli, ho pensato al dramma generazionale che affligge il nostro paese, mi spiego, il convegno con il quale come presidente della Fondazione ho organizzato proprio l’inaugurazione della Fondazione di Sandro Pertini che si è svolta a Firenze.

Pertini aveva come Giuliano Vassalli sa, trascorso a Firenze e Firenze era particolarmente legata a Sandro Pertini.

Sandro Pertini tra le tante cose che ha fatto s’impegno per la liberazione della città di Firenze. Bene, senza accorgermi e senza guardare al dato anagrafico, i protagonisti di quel convegno il 1 ottobre 2004 furono – state a sentire – Oscar Luigi Scalfaro che presedeva il convegno e Eugenio Scalfari che ha affrontato il tema “legalità e politica”. Sylos Labini che ha affrontato il tema “legalità e economia”, Carlo Alfredo Moro che ha affrontato il tema “legalità ed etica”, Stefano Rodotà, il più giovane, che ha affrontato il tema “legalità e società civile”, età media ottantatré – ottantaquattro anni tra tutti quanti. Però, io non avevo pensato a un fatto generazionale, me ne sono accorto dopo.

Oggi sentendo Giuliano Vassalli mi sono detto: peccato che io non creda nella reincarnazione, perché le energie, la spinta ideale di questi uomini che sono veramente i padre della nostra patria, dove è andata finire nei giovani?

Io sto, diciamo, più da questa parte che dalla parte dei giovani oggi come oggi ma uno dei pensieri che più mi tormenta è questa mancanza di rinnovamento di queste energie, forse perché questi uomini hanno sofferto, hanno sofferto la mancanza di libertà, forse perché questi uomini hanno combattuto per la conquista della libertà, forse perché i giovani di oggi non conoscono che cosa significa la mancanza dell’aria e quindi non sanno quanto sia importante poter respirare.

Forse, per tutte queste ragioni noi dobbiamo impegnarci al massimo per il rinnovamento della memoria per poter far vivere nelle vene di questi giovani questi ideali, questa attenzione morale che purtroppo per una seria di ragioni, io non sono un sociologo, ma ci sono dei grandi ostacoli per poter innestare questo tipo di valori nei giovani, e questo il nostro impegno principale, è vero Rosafio?

Fatto questa premessa, io vi chiedo scusa, intanto io devo ringraziare gli organizzatori di questo convegno, in modo particolare sia il Presidente, l’Assessore d’Alessandro, sia Antonio Girelli che aggiungo, tutto quello che ho detto vale anche per lui, mi scuserà Girelli, non è più un giovanotto, e per la brevità della io – appena sentirò un pochino di brusio capisco che devo smettere di parlare e smetto di parlare – ho qualche testimonianza da fare, non ci siamo messi d’accordo con Giuliano Vassalli, né con Ghirelli. Io ho delle testimonianze, diciamo della seconda parte della vita di Sandro Pertini che poi sono quelle che mi legano a lui e Carla Voltolina e sono le ragioni per cui ho accettato con grande entusiasmo l’impegno di fare il Presidente della Fondazione.

Io ho conosciuto Sandro Pertini quando ero giovane e all’epoca ci chiamavano pretori d’assalto. Ho lavorato a Genova come pretore e molti di voi forse ricorderanno i pretori d’assalto: erano quei ragazzini che hanno scoperto che in Italia esistevano delle leggi per la tutela dell’ambiente, abbiamo fatto i primi processi in materia d’inquinamento, di urbanistica, eravamo considerati dei rivoluzionari.

In questo contesto oltre l’inquinamento mi è capitato di affrontare un grosso processo che riguardava la corruzione. Un processo di fronte al quale quando io ho visto quello che successo con tangentopoli ed ho potuto constatare che tangentopoli era una piccola cosa di fronte al processo del petrolio dal quale era emerso che i petrolieri si erano comprato il Parlamento – tanto per sintetizzare – pagando i cinque percento dei provvedimenti legislativi che venivano emanati ma questo ho voluto ricordarlo perché all’epoca Sandro Pertini era Presidente della Camera ed era il nostro interlocutore.

C’erano coinvolti nel processo cinque Ministri, la competenza per accertare le responsabilità dei Ministri – parlo degli anni settanta – era della commissione inquirente e gli atti vennero trasmessi al Presidente Pertini.

Devo dire che io ero giovane, ero in magistratura da pochissimi anni e avevo i capelli che mi si rizzarono, quando notai che la prima reazione nella città di Genova fu un volantinaggio del movimento sociale italiano che inneggiava all’inchiesta. Era il periodo in cui dai giornali trasparivano notizie su eventuali colpi di Stato, era il periodo del golpe Borghese (Valerio), insomma mi preoccupai molto, perché quello che avevo in mano era veramente più grande di me.

A quel tempo però c’era Sandro Pertini, Presidente della Camera, grande fortuna per noi pretori. Una garanzia formidabile (penso) sul piano della tenuta democratica del paese. Voi avete capito che cosa temevo io? che venisse strumentalizzato il processo per qualche slittamento della nostra democrazia, per cui cercai di ottenere un appuntamento segreto col Presidente della Camera Sandro Pertini, per avere un consiglio, come da un padre, in questo caso, padre della patria oltre che mio. Sandro Pertini mi diede questo appuntamento e io andai in assoluta riservatezza. Io vi sto raccontando questo perché sono stato autorizzato da Sandro Pertini – quando, poi, ci siamo incontrati qualche anno dopo al Consiglio Superiore della Magistratura – a pubblicizzare questo episodio e ho conservato il segreto fino a quando lui me lo ha imposto.

Quindi non sto violando, sto dicendo una cosa che Sandro Pertini mi ha autorizzato a dire. L’incontro avvenne nella lavanderia della camera dei deputati. Al mio ingresso, al mio incontro con Sandro Pertini, lui immediatamente mi disse di fare silenzio perché aveva il timore che ci fossero delle microspie nella camera e io lo seguii fino quando a un certo punto chiuse una porta ma dove mi ha portò c’erano delle macchine per lavare i panni, era una lavanderia e c’era un tavolino con un paio di sedie, disse: “Adesso qui ci possiamo sedere, possiamo parlare”.

Cominciò col dire: “Che cosa succede?”.

Io ero con altri due colleghi e cominciai a parlare. Io avevo portato con me nella mia borsa quattro, cinque fogli di carta, non è che avevo portato il camion di documenti che avevo sequestrato nell’operazione di Polizia giudiziaria fatta a Roma. Alcune carte dalle quali risultavano… l’ho visto raccontare che cosa?

Quello che è importante, che ci tengo a dirvi, che s’inquadra proprio ed è integra, le bellissime cose che sono state dette su Sandro Pertini. E’ stato questo che a un certo punto, in queste poche carte che io avevo fatte vedere, lui notò il coinvolgimento del Partito Socialista.

Io non dimenticherò mai l’espressione di profonda delusione di quest’uomo, la tristezza, l’angoscia che lo prese – credetemi – un ricordo veramente che si è scolpito nella mia mente, si tolse gli occhiali e lì scesero delle lacrime ma quello che mi impressionò maggiormente fu il passaggio rapido da questo stato d’animo ad uno stato d’animo completamente diverso che io definirei espressione di rabbia e di lucida consapevolezza sulla necessità di andare avanti nella affermazione della legalità.

Io gli esternai i miei timori e mi misi nelle sue mani facendogli capire che se lui riteneva…

Forse come magistrato non avrei dovuto fare questo discorso ma io confesso una mia colpa, tanto è tutto prescritto ed anche se vi sto dicendo queste cose (applauso) oggi va di moda la prescrizione, quindi ne usufruisco anche io.

No il trapianto di capelli lo lascio a chi ci tiene ai capelli, io non ci tengo,

…gli fece capire: “Guardi Presidente che se lei ritiene che l’esplosione di questo scandalo possa essere strumentalizzato da delle forze politiche o da delle forze eversive che possano in qualche modo approfittarne per portare indietro la nostra democrazia, io le mando tutto segretamente, poi lei faccia quello che vuole, insomma!”

Perché era forte il timore e la storia, conosciuta in seguito, di quello che stava succedendo in quel periodo, mi ha fatto capire che i miei timori in qualche modo erano fondati.

Bene, lui, sapete cosa ha risposto?

“…Lo sapete già, inutile che io ve lo dico, dovete andare avanti, la legge è uguale per tutti…”

A questo proposito anche io, scusate se mi dilungo un attimo ma vi risparmio tutto il mio intervento però non quello che dice Pertini, quello che vorrei dire lo dirò un’altra volta.

Pertini venne intervistato alcuni giorni dopo la ricezione degli atti che poi mandò alla commissione inquirente. Non vi dico le reazioni politiche che ci furono, c’era qualche alto magistrato che forse avrebbe… e qualche politico dell’epoca che forse avrebbe desiderato di vedere in carcere me e non i petrolieri!

Ma su questo glissò.

Dice Pertini nell’intervista del 10 marzo 1974, cinque giorni dopo aver ricevuto gli atti dal Pretore di Genova, intervista rilasciata a Nanten Salvalaggio e pubblicata con il titolo Nanda Salvataggio, in somma è documentale: la crisi dei partiti sovrapponendosi alla crisi dell’economia ha gettato il paese in uno stato di malessere profondo.

Io vi chiedo scusa, se vi rubo qualche minuto, però ritengo che queste frasi, che queste cose che vi sto raccontando siano attualissime ed è da qui che bisogno partire, io credo, se vogliamo veramente onorare e continuare a fare vivere la memoria di Sandro Pertini e di Carla Voltolina e tutto quello che ha detto prima Giuliano Vassalli.

Dice Pertini: “…il problema a mio parere è semplice…”, qui viene fuori proprio il contorno delineato prima da Vassalli, della persona schietta, semplice che dice quello che pensa.

“…non c’è ragione al mondo che giustifichi la copertura di un disonesto, anche se è Deputato. Ma non ti rendi conto, mi ha rimproverato uno del mio partito, che qui crolla tutto è in gioco l’intero sistema, il sistema?…”

Dico io, qui ci vorrebbe un attore che imita la voce di Pertini,

“…ma io? il sistema? …ma io me ne infischio del sistema se da ragione ai ladri. Lo scandalo più intollerabile sarebbe quello di soffocare lo scandalo, l’opinione pubblica non lo tollererebbe, io neppure, ho già detto alla mia Carla, tieni pronte le valige, potrei piantare tutto!”

Questo era Sandro Pertini, Presidente della Camera.

“…Dicono che un partito moderno si deve adeguare, perché li è stato fatto una lunga domanda su questo. Ma adeguare a che cosa, Santa Madonna? Si adeguarsi vuol dire rubare, io non mi adeguo, ci sono i ladri, gli imbroglioni, bene, facciamo i nomi e affidiamogli al magistrato…”

Salto tutto il resto ma l’intervista va avanti in questo modo. Io voglio concludere con due parole per attualizzare al massimo e caricarci tutti noi e ciascuno di voi sul da farsi.

Io credo che Pertini ci abbia lasciato in eredità e anche Carla, perché io ho avuto la fortuna di stare vicino a questa donna negli ultimi anni.

Significa combattere non per l’affermazione degli ideali ma per l’affermazione degli interessi del gruppo cui si appartiene.

Questo Pertini lo ha combattuto tutta la vita, questa è la malattia del nostro paese, io credo che all’uomo, l’uomo ha bisogno di tensioni morali, ha bisogno di credere in qualche cosa, ha bisogno di speranza non gli importa nulla se il successo elettorale di questo, di quell’uomo politico, di questo o quel partito dipendano da una politica che si appoggi più al centro che alla sinistra per ricuperare magari quattro voti degli ex-socialisti Craxiani, due voti dai radicali, dieci voti tra gli adulatori di Berlusconi.****